martedì 28 aprile 2009

Beautiful People

Ho sempre ammirato Tony e Maureen Wheeler.
Non fate quella faccia, la loro storia ve l’avranno raccontata cento volte: nel ’73 questi due (ex) hippie partirono da Londra e arrivarono in Australia con soli 27 centesimi in tasca e tante informazioni che raccolsero in quella che sarebbe diventata la prima guida Lonely Planet. Da quel viaggio sono passati tanti anni, ma la Lonely Planet rimane la guida di chi ama viaggiare in modo libero e autonomo.

Ho sempre odiato l’espressione “bella gente”.
La trovo un’espressione senza senso e quando qualcuno la pronuncia mi verrebbe da urlargli in faccia come Nanni Moretti in “Palombella Rossa” (“Ma come parlaaaaaaaaaa? Le parole sono importantiiiii! Come parlaaaaaaaaaa?”) ma l’avanzare dell’età, oltre a diminuire il numero dei capelli, ha aumentato il mio grado di tolleranza.

Ora, l’odiata espressione me l’aspetto da un PR, dal figlio di La Russa, ma non dai coniugi Wheeler e invece, nella Lonely Planet “Uruguay” (english version), nel paragrafetto dedicato a Punta del Este, potete leggere testualmente:

...then passes the busy yacht harbor, owerflowing with boats, restaurants, night clubs and beautiful people...
Beautiful people.
Capite? La guida di chi ama viaggiare in modo libero e autonomo afferma che vicino al porticciolo di Punta del Este c’è un sacco di bella gente. Non so per voi, ma per me è stato come se Ferrando si facesse la tessera del PDL. Il prossimo passo sarà scrivere che nella piazza di Frittole ci trovate solo gente di merda (e che Ferrando venga eletto segretario del PDL).

Certo, dobbiamo considerare che, in quanto proprietari di una multinazionale, forse i coniugi Wheeler non si leggono tutte le guide che pubblicano pertanto potrebbe anche darsi che il loro vocabolario non contempli l’espressione “beautiful people”, ma, come afferma la stessa Maureen Wheeler, “la Lonely Planet ha iniziato il suo viaggio ormai più di trent’anni fa e con il tempo è cambiata, come siamo cambiati noi. Da ventenni giramondo senza soldi con la passione dei viaggi siamo diventati cinquantenni proprietari di una società miliardaria” (1).

Forse dal prossimo viaggio, per essere libero e autonomo, mi toccherà tornare al vecchio metodo universitario: ricercare informazioni su internet, stamparle e rilegarle in una guida personale.

(1) Tratto dalla Introduzione al libro “Un giorno, viaggiando…” di Tony Wheeler

mercoledì 15 aprile 2009

Motivo #3: Me stesso

Last but not least, la terza ragion d’essere di questo blog sono io medesimo. Non nel senso che il blog parlerà di me. Oddio, adesso che ci penso forse lo farà, ma non voglio dire che il blog è stato creato per questo. Quello che voglio dire è che… (tiro il fiato) spero che questa pagina web contribuisca al processo di miglioramento della mia persona. L’ho detto.

Lo spero per due ragioni:

  1. La maggior parte del mio tempo è ormai purtroppo dedicato al lavoro, la minoranza agli affetti e agli amici e i ritagli alla cultura e all’informazione. A me rimangono le briciole. Ecco, vorrei che questo blog mi “costringesse” a prendere del tempo per me stesso, in modo da riflettere e mettere in ordine le mie idee.
  2. Ho sempre sinceramente creduto che il confronto e la dialettica siano ottimi strumenti di crescita personale. Per generare un confronto (possibilmente interessante) è però necessario un interlocutore (possibilmente brillante). Quindi l’ultimo obiettivo, e forse anche il più difficile, di questo blog sarà quello di farsi commentare, criticare, elogiare, insultare, stampare, leggere.

Ce l’abbiamo fatta, adesso possiamo davvero cominciare il blog. Senza dimenticare che:

"Tutti i dilettanti scrivono volentieri.

Perciò alcuni di loro scrivono bene"

Friederich Dürrenmatt

martedì 14 aprile 2009

Motivo #2: Google

Fondamentalmente io sono pigro. Un pigro ambizioso, ma pur sempre pigro. Per intenderci, sono una di quelle persone che, se con il 20% dello sforzo riesce a raggiungere l’80% dell’obiettivo, non vede alcun motivo per cui compiere il restante 80% dello sforzo.

Questo è uno di quei casi in cui potrei raggiungere l’80% dell’obiettivo utilizzando le parole di Baricco, solo che dovrei infrangere la promessa fatta secondo cui le citazioni avrebbero terminato questi post. Rifletto un po’, mi appello alla Regola #1 e lo faccio lo stesso (pensate avessi scritto le regole a cazzo?).

Sedetevi. Le prossime righe vi riveleranno un concetto fondamentale per capire bene la nostra società.

Google, è di fatto quel che di più simile all'invenzione della stampa ci sia stato dato di vivere. Quei due (1) sono gli unici Gutenberg venuti dopo Gutenberg. Non la sparo grossa: è importante che capiate che è vero, profondamente vero. Oggi, usando Google, ci vuole una manciata di secondi e una decina di click perché un umano dotato di computer acceda a qualsiasi insenatura del sapere. Sapete quante volte gli abitanti del pianeta Terra faranno quell'operazione oggi, proprio oggi? Un miliardo di volte. Più o meno centomila ricerche al secondo. Avete in mente cosa significa? Percepite l'immane senso di "liberi tutti", e sentite le urla apocalittiche dei sacerdoti che si vedono scavalcati e improvvisamente inutili? Lo so, l'obiezione è: quel che sta in rete, per quanto enorme sia la rete, non è il sapere.
O almeno non è tutto il sapere. Per quanto derivata, spesso, da una certa incapacità a usare Google, è un'obiezione sensata: ma non illudetevi troppo. Pensate che non sia stato lo stesso per la stampa e Gutenberg? Avete in mente le tonnellate di cultura orale, irrazionale, esoterica che nessun libro stampato ha mai potuto contenere? Ci pensate a tutto quello che è andato perso perché non entrava nei libri? O a tutto quello che ha dovuto semplificarsi e addirittura svilirsi per riuscire a diventare scrittura, e testo, e libro? Eppure, non ci abbiamo pianto troppo sopra, e ci siamo assuefatti a questo principio: la stampa, come la rete, non è un innocente contenitore che ospita il sapere, ma una forma che modifica il sapere a propria immagine. E' un imbuto dove passano i liquidi, e tanti saluti, che so, a una palla da tennis, a una pesca o a un cappello. Che piaccia o no, è già successo con Gutenberg, risuccederà con Page e Brin. (2)

Et voilà.
20% dello sforzo. 80% dell’obiettivo.
Voi direte: bello, ma cosa c’entra con i tuoi post? Spiegarvelo è il restante 20% dell’obiettivo.

Premesso che vi sia chiaro quanto dice Baricco, mi piacerebbe contribuire al travaso culturale in atto. Non mi riferisco agli argomenti per cui una ricerca su Google produce circa 10,4 milioni di risultati (es: Barack Obama Biography), ma a quello che forse andrebbe perso.

In altre parole, secondo me non ha alcun senso che riporti in questo luogo la biografia di Obama, non perché non sia interessante ma perché la potrete sicuramente trovare in altri dieci milioni di siti. Viceversa credo di fare qualcosa di sensato trascrivendo la ricetta dei cannelloni di mia nonna, un aneddoto personale, una curiosità storica o un articolo che forse andrebbero persi nel travaso mediatico.

100%. Obiettivo completato.


(1) Larry Page e Sergey Brin, fondatori di Google.
(2) Tratto da “I Barbari” di Alessandro Baricco, Feltrinelli 2006

lunedì 13 aprile 2009

Motivo #1: PKK

Prestate attenzione. Quando abbiamo concordato le regole del gioco, ho detto che “torno” a scrivere un Blog e non che “inizio”. Perché ho utilizzato il verbo “tornare” e non “iniziare”?

La scelta delle parole è importante, lo dice anche Nanni Moretti (preparatevi, questo blog sarà ricco di citazioni). I più deduttivi tra voi avranno già capito che non sono un blogger alla prima esperienza. I più distratti a questo punto dovranno tornare indietro e rileggere tutto da capo.

A cavallo tra il XX e il XXI secolo, tre amici napoletani avevano deciso di pubblicare le loro riflessioni su un unico blog. Una sonata a sei mani se siete amanti della musica, Frankestein Junior (1) se siete amanti del cinema, un mostro a tre teste se siete un “idiota dell’orrore” (2).

Nonostante il linguaggio storiografico, si tratta di poco meno di dieci anni fa. Dal punto di vista di uno storico non è passato molto tempo, dal punto di vista di un operaio sono passati 10 anni, dal punto di vista di un ingegnere delle telecomunicazioni è passata un’era geologica. Ricordo chiaramente la connessione col doppino telefonico e quanto ci sentivamo fighi con le nostre uniformi da pionieri del web.

Il titolo di questo blog è un omaggio a quei ragazzi. Le loro idee politiche, la rabbia ed un pizzico di ironia li portarono a creare un anagramma con i loro soprannomi, e così Picci, Kapy e Kosakko fondarono il Partîya Karkerén Kurdîstan (3)

Il contenuto di questo blog (forse) sarà il continuo di quella esperienza. Magari al posto di quei tre studenti mascherati da pionieri ci saranno tre professionisti senza alcun travestimento, ma non importa.

La K è già qui. Se la P o l’altra K vorranno partecipare, saranno pubblicati senza alcuna censura. Anzi, già che ci sono, definisco la Regola #2: oltre al sottoscritto, gli unici che potranno essere pubblicati su questo blog sono Picci e Kosakko.

Questo era il primo motivo. Adesso, come promesso, chiudo con una citazione che a partire da oggi troverete, nuovamente, come sottotitolo di un Blog.


Un uomo solo che guarda il muro è soltanto un uomo solo...
ma tre uomini che guardano il muro sono un principio d'evasione
PKK

(1) Film del 1974 diretto da Mel Brooks
(2) “In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore”, Franco Battiato in “Bandiera Bianca”, 1981
(3) Partito dei Lavoratori del Kurdistan


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Come promesso, ecco pubblicate le risposte di Picci e Kosakko a questo post:

Anno dopo anno usai le corde vocali per suonare a distanza. Toni alti, che nemmeno i delfini. E chi di quelli - i delfini - arrivò a capirmi se ne stette lì a morire in spiaggia. Ché tanto non ne valeva più la pena. L'idiozia si impossessò delle mie dita, anchilosate su una tastiera. Ma le lettere vissero in tachicardia, asfissiate da un hard disk. Soverchio genio, sì, senza sfogo. Meglio una partita a pallone, un matrimonio, una birretta, un libro. E poi K tornò. E K chiamò. E P risponderà. Perché pure le corde di una racchetta suonano. A vanvera come al solito.
Picci - 14 aprile 2009 19.11

Anche l'altra K risponderà. Tra una partita a pallone e l'altra s'intende (altro che matrimonio...)
Kosakko - 15 aprile 2009 05.14

giovedì 9 aprile 2009

Introduzione

Una volta stabilite le regole del gioco, prima del calcio d’inizio e di iniziare a correre sulla metà campo, vorrei fermarmi negli spogliatoi e fare una chiacchierata.

Perché siamo qui in maglietta e calzoncini?
Perché non assistiamo al gioco sugli spalti o, meglio ancora, nel tepore di casa?

Alla base c’è sicuramente un piacere legato alla scrittura e alla lettura. E’ palese, ma non mi riferisco a questo. Mi riferisco ai seguenti tre motivi:

  1. PKK
  2. Google
  3. Me stesso

Proverò a farvi una breve descrizione e, per ognuno di essi, terminerò con una citazione.
Perché “Derek dice che bisogna sempre terminare una tesina con una citazione, dice che c'è sempre qualcuno che ha detto una cosa nel migliore dei modi, perciò se non riesci a fare di meglio ruba da lui e farai la tua figura” (1)

Non ci state capendo nulla?
Ripassate le regole del gioco.

(1) tratto da “American History X”, film del 1999 con E.Norton

mercoledì 8 aprile 2009

Regole del gioco

Ho deciso. Dopo qualche anno di silenzio stampa (in perfetto stile Mourinho) torno a scrivere un Blog. Non sarà niente di serio, solo un gioco per cui, come sempre, saranno definite delle regole un po’ alla volta, quando ne avvertiremo l’esigenza.

In questo momento sento l’esigenza di definire una ed una sola regola.

Se consultate il dizionario, alla voce “Blog” troverete: “I blog sono siti personali, di solito a tema, dove le annotazioni (post) inserite sono presentate in ordine cronologico e possono essere commentate dai lettori

Se consultate la capa di K (che sarei io), alla voce blog troverete: “Pagina web dove uno scrive quello che cazzo gli pare”.

Quindi, direi che possiamo riassumere la Regola #1: questo non sarà uno di quei blog tematici in cui si parla solo delle ascelle o delle storie di salumieri valdostani, in questa pagina web scriverò quello che cazzo mi pare.

Non ci credete? Quello che cazzo mi pare.