mercoledì 5 luglio 2023

Meglio na tammurriata che na uerr

Come tutti i Pomiglianesi, ho tanti ricordi legati ai Zezi, alle loro canzoni e quindi, indirettamente a Marcello. Posso ricordare mia madre che mi faceva ascoltare Flobert quando ero adolescente, oppure lui che suonava la tammorra nella villa di notte dopo il Pomigliano Jazz. Ma forse questo è il ricordo più originale.

 

2006. Eravamo “sett ott e nuje” da Pomigliano e dintorni quell’estate allo Sziget Festival in Ungheria. Stavamo cazzeggiando sull’erba dell’Isola Margarita in attesa che passasse la controra. Da lontano si sentivano tanti checksound che facevano da sottofondo alle birrette finche’ uno catturo’ la nostra attenzione. <<Je so' janche e tu si niro, ma je sto chiù a niro e te, pecché o fuculare è scuro, scuro e niro comm'a che!>> <<Oh uagliu’ ma chest nun e’ Pummarola Black re Zezi?>> <<Over eh…>> Dopo qualche giro di basso e un paio di strofe non avevamo piu’ dubbi: era Pummarola Black. Eravamo curiosi di capire chi utilizzasse quella canzone per il checksound e cosi seguimmo il suono tra le tende e i palchi senza pero’ aspettarci la risposta piu’ ovvia: Marcello re’ Zezi! <<Ue’ Marce’ e che ce fai ca’?!? A che ora sunat?! Aro’?>> Era il giorno del concerto dei Radiohead che da quel momento divenne la nostra priorità numero due. Penso che tutti avevamo visto suonare e’ Zezi almeno una dozzina di volte ma non potevamo perderceli in quel contesto. Fu bello vedere che riuscirono a catturare l’attenzione di un pubblico internazionale con le loro tammorre. Quando il concerto dei Radiohead si approssimava, le persone iniziarono lentamente a spostarsi verso il main stage ma noi rimanemmo li sotto fino alla fine cantando:



 


martedì 15 febbraio 2022

After Life

 L’aspetto migliore della terza stagione di After Life è l’opportunità di poter scrivere delle prime due. In altre parole, nonostante le locations siano sempre belle e qualche battuta sia anche azzeccata, l’ultima stagione è nettamente inferiore alle prime due. Parola di Rotten Tomatoes.

Detto questo, guardate le prime due stagioni perché sono un capolavoro. Era un tema molto difficile dove bastava poco per scivolare nel dramma o nel banale. Invece Ricky Gervais e’ riuscito a rimanere in un raro equilibro tra battute, insulti ed emozioni che ti prendono alla sprovvista, soprattutto se conosci il suo stile dissacratorio. Insomma non credo si possa aggiungere molto senza apparire, appunto, superfluo.


Fanno eccezione le sopra citate bellissime locations. La storia si svolge in Tambury, un luogo della campagna inglese che esiste nella fantasia di Gervais e nella realta’ in alcuni angoli di Hemel Hampstead, Camber Sands e soprattutto Hampstead, dove vive lo stesso Gervais.

domenica 6 febbraio 2022

Arcane (League of Legends)

 


Ho appena finito di vedere Arcane su Netflix. E' na bomba.

Non ne avevo mai sentito parlare, né della serie TV né del videogioco a cui si ispira. Qualche mese fa mi era piaciuto parecchio Your Name di Makoto Shinkai e, parlandone nel gruppo whatsapp del Liceo, Massimiliano mi aveva consigliato Arcane.

In realtà l’unico punto in comune è l’animazione, per il resto sono come acqua ed olio (per restare in tema, chi ha visto la serie capirà ). Nonostante questo, devo ringraziare Massimiliano perché, citando il consenso critico di Rotten Tomatoes, “Arcane fa una prima impressione sensazionale, combinando uno spettacolare mix di animazione 2D e 3D con una storia emotivamente coinvolgente per fornire un adattamento videoludico che potrebbe diventare leggendario”


Ci sono tante ragioni per cui suggerire questa serie animata ma principalmente direi:

La qualità dell’animazione
Riot Games aveva già prodotto diversi corti per promuovere nuovi personaggi o tornei di esport. Se cercate su YouTube, ci sono tanti video pieni di complimenti al team di animazione. Insomma sembra un tentativo che andava fatto e che gli sia venuto particolarmente bene. Citando The Verge “ogni fotogramma sembra una meravigliosa opera di concept art dipinta a mano; in movimento, non somiglia a niente che abbia mai visto”. Come potete vedere da queste immagini, è un prodotto visivamente molto bello.


Worldbuilding
Alla bellezza estetica si aggiunge la complessità del mondo fantasy/steampunk/cyberpunk in cui si muovono i personaggi. Riot Games aveva già creato Runeterre per League of Legends e le città di Piltover e Zaun ne rappresentano solo una piccola parte. Sono certo che vedete anche voi l’enorme potenzialità di questo nuovo universo immaginario.


Colonna Sonora

Alla qualita’ delle immagini di cui abbiamo parlato, aggiungeteci una sigla iniziale fichissima degli Imagine Dragons e una sigla finale scritta nientepocodimenoche da Sting. Non credo debba aggiungere altro. 


Insomma hanno fatto un lavoro enorme e di alta qualità. Hanno già iniziato a lavorare alla prossima stagione che verrà rilasciata dopo il 2022 ed almeno io non vedo l’ora.







domenica 30 gennaio 2022

Eravamo Basilischi e mica lo sapevamo

Parto subito con un disclose. I Basilischi non e’ stato il mio primo film dell’anno. Il primo film che ho visto nel 2022 è stato questo ma mi sembra già di averne parlato abbastanza. Quindi passiamo all’esordio alla regia della Wertmüller.

Ho sentito parlare per la prima volta di questo film dopo la morte della regista a Dicembre. La mia conoscenza della sua filmografia si limitava alla trilogia con Giancarlo Giannini (Pasqualino Settebellezze, Mimi’ Metallurgico e Travolti da un insolito destino) e al bonus track di Io Speriamo che me la cavo che non ricordavo neanche fosse suo.


Non ne ero pienamente convinto ma, quando l’ho sorprendentemente trovato su Amazon Prime, gli ho dato una possibilità. Dopo 5 minuti ero persuaso: non ho fatto in tempo a godermi i titoli di coda sulle note di Ennio Morricone che è partita una descrizione fenomenale della controra. Prendetevi qualche minuto e poi mi fate sapere.


In rete si trova tanto materiale. Tra i tanti articoli segnalo le riflessioni di Antonio Lamorte de Il Riformista scritte dopo la scomparsa della regista e mi limito ad aggiungere un paio di osservazioni.


Figlia di un avvocato aristocratico di origini svizzere, la Wertmüller era nata e cresciuta a Roma. Il padre era originario di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza che è anche una delle location del film. Leggendo l’articolo de Il Riformista, non posso fare a meno di pensare che il personaggio della amica della zia, affidato alla compagna di scuola Flora Clarabella, sia autobiografico. 



Nonostante avesse a disposizione la troupe di Fellini e le musiche di Morricone, il film è stato girato con un budget ridotto e molti attori non professionisti, compreso uno dei due protagonisti, Antonio Petruzzi. Sembra che i Basilischi sia stato il suo primo ed ultimo film e che fosse presente al funerale della Wertmuller, 59 anni dopo.



lunedì 24 gennaio 2022

La bella tartaruga (lascia che a correre pensiamo solo noi)

Quando sono sceso a Napoli nel periodo tra Natale e Capodanno, ho rivisto il Minollo. Un caro amico con cui ho condiviso un pezzo di cammino, che vorrei vedere più spesso ma che, anche a causa di una pandemia, non vedevo da oltre un anno.

Passiamo una piacevole serata con le nostre famiglie. Ci beviamo un fatto, ci mangiamo una cosa e ci facciamo na chiacchiera. Mentre torniamo a casa in auto la radio viene ovviamente monopolizzata dai più giovani e ci ritroviamo a cantare anche questa canzone:


Ad essere sinceri la canzone non mi era rimasta in testa fino a quando, qualche giorno dopo, mio figlio ha iniziato belloebuono a cantare “La beeeellaaaaa tartaaaaarugaaaaaaa…”


Dopo qualche secondo in cui non riuscivo a ricordare dove avesse sentito quella frase, ho avuto l’illuminazione e da allora è stato un inarrestabile successo. In casa “La Tartaruga” di Lauzi è la canzone più ascoltata di questo inizio 2022 ed è entrata nella lista delle richieste di Gennarino assieme al Coccodrillo come fa e Baby Shark.


Non escludo che sia l’effetto della paternità ma dietro la metafora della tartaruga mi sembra di cogliere quella bellezza leggera come lo zucchero a velo che copre alcune opere per bambini. Insomma ormai piace anche a me e stamattina, dopo averla ascoltata per tre volte di fila, ho pensato a come il Minollo sia riuscito, in un lasso di tempo molto limitato, a influenzare i gusti musicali di Gennarino cosi come, a suo tempo, aveva influenzato i miei. Ripeto, non escludo che sia l’effetto della paternità, ma mi è venuta in mente la famosa citazione di Pessoa:


O valor das coisas não está no tempo que elas duram, mas na intensidade com que acontecem. Por isso existem momentos inesquecíveis, coisas inexplicáveis e pessoas incomparáveis.



PS: Il buono proposito di quest’anno continua a darmi soddisfazioni. Per scrivere queste righe ho scoperto che il brano fa parte di un album per bambini assieme alla mitica Johnny Bassotto cantata da Lino Toffolo e fu scritto assieme al Maestro Pippo Perché Sanremo è Sanremo Caruso e Pippo Baudo. Insomma Bruno Lauzi potrebbe aggiungere altri pezzi alla playlist di Gennarino.




 

mercoledì 19 gennaio 2022

Due Vite (de vita, morte et amicitia)

Nonostante non conoscessi l’autore, volevo sfogliare questo libro da quando, spinto dalla vittoria del Premio Strega 2021, ne avevo letto la sinossi. Il libro non era disponibile su Kindle ma lo avevo aggiunto alla mia to-read list e l’ho comprato nel periodo di capodanno a Napoli.

Emanuele Trevi racconta di Rocco Carbone e Pia Pera, due amici scomparsi troppo giovani, e lo fa con uno stile leggero, delicato, senza cadere nella retorica o nel sentimentalismo. Non è un romanzo ma una breve riflessione. Se fosse stato un libro in latino, si sarebbe intitolato “de vita, morte et amicitia” 

I suoi amici sono morti nel 2008 e nel 2016 e Trevi scrive nel 2020. “I nostri amici sono anche questo – scrive sul legame a doppio filo tra tempo ed amicizia – rappresentazioni delle epoche della vita che attraversiamo come navigando in un arcipelago dove arriviamo a doppiare promontori che ci sembravano lontanissimi, rimanendo sempre più soli, non riuscendo ad intuire nulla dello scoglio dove toccherà a noi, una buona volta, andare a sbattere” 

Con il suo gesto d’amore, Trevi cerca di allungare la memoria degli amici. Lo spiega chiaramente quando scrive che “noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora noi davvero ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno” 

In effetti, quando pensiamo o sogniamo una persona scomparsa, proiettiamo noi stessi in quella immagine. Scriverne ci costringe a dare una forma ai sentimenti, a cristallizzare i ricordi e a combattere una paura: “come fiori di melo appena sfiorati dalla brezza, anche i ricordi di chi abbiamo conosciuto talmente bene che la consuetudine è diventata quasi un riflesso condizionato, si staccano e volano via con rapidità inconcepibile. Pensiamo di averne accumulati tantissimi, cosi numerosi e vividi da renderli inestinguibili – e invece in mano ci resta poco più di uno sfarfallio di immagini incerte e fuggitive.”



venerdì 14 gennaio 2022

La banalita' del bene

Natale 2021 l’ho passato per la prima volta in Ungheria. Ero in un piccolo villaggio equidistante da Budapest, l’Austria, il lago Balaton e la Slovacchia e quando nella mia lista ho visto questo libro, ho pensato che fosse quasi un segno del destino. 

Il giornalista Enrico Deaglio nel 1989 riesce ad intervistare Giorgio Perlasca che, ormai ottantenne, gli racconta tutta la sua storia, scatenando l’ammirazione del giornalista che decide di scrivere questo libro, dove viene descritta tutta l’intervista e i fatti narrati.

Il libro è stato pubblicato nel 1991 ed io l’ho colpevolmente letto solo oltre trent’anni dopo. In questi decenni l’incredibile storia di Giorgio Perlasca è diventata nota prima grazie a Deaglio e poi a Giovanni Minoli, che accettò la proposta dello stesso Deaglio di realizzare un'inchiesta su Perlasca durante la sua trasmissione televisiva Mixer. Da quel momento la vicenda sarà sempre più popolare in Italia fino a raggiungere l’apice nel 2002 con lo sceneggiato RAI interpretato da Luca Zingaretti.


Tutto questo per dire che è come se mi avessero fatto uno spoilerone e privato della meraviglia per questa storia incredibile. Tolto lo stupore, il libro è essenzialmente composto da l’intervista di Deaglio e dal diario di Perlasca durante quei giorni concitati. In sintesi, penso che se lo avessi letto negli anni ’90 prima di avere una connessione ADSL, il libro mi sarebbe piaciuto di più.


Nonostante sia arrivato fuori tempo massimo, sono contento di averlo letto per diversi motivi. 


Ho scoperto di essere uno dei pochi a non conoscere l’assurda storia di Raoul Wallenberg.


Giorgio Perlasca da giovane è stato un “entusiasta aderente al Fascismo” ma non di quelle copie sbiadite e grottesche che vediamo oggi in giro, quello originale spanish edition di Franco. Sapere che dopo quasi un secolo venga giustamente celebrato come un eroe fa riflettere su come le persone possano cambiare e sulle tante sfumature di grigio che possono esistere tra il bianco e il nero.


L’incontro tra Perlasca, Wallenberg ed Eichmann (raccontato nel libro ma anche a partire dal min 14:00 della puntata di Mixer) sembra un episodio di un film neorealista. Non credo ci sia molto da aggiungere se non quello che ha scritto Deaglio: “Giorgio Perlasca e Adolf Eichmann si incontrarono per una manciata di minuti, in una mattina di ordinario macabro trasporto di ebrei ungheresi verso Auschwitz. Fu un match breve, tra un calmo tenente colonnello delle SS contro un emozionato diplomatico spagnolo. Avevano più o meno la stessa età, uno aveva il potere e l’altro non l’aveva. Ma vinse quest’ultimo, che non era diplomatico e neppure spagnolo. Di questa storia che è rimasta così impressa nella memoria di Giorgio Perlasca, quello che a me piace di più è che ci fu una scelta. L’italiano vide due ragazzi gemelli ed ebbe uno scatto pensando che si poteva fare qualcosa per evitare che fossero uccisi. Il tenente colonnello tedesco forse non li vide neanche (me li immagino rannicchiati dentro la macchina) e, con un gesto della mano, li lasciò vivere. Per lui erano due numeri, non due persone. Un fatto statistico.”


Questa storia è stata acciuffata per i capelli. Fu presa da una riga del bollettino dei giusti d’Israele: Deaglio lesse di “un italiano che avrebbe salvato della gente” e lo intervistò nel 1989, la puntata di Mixer andò in onda nel 1990, Perlasca fu insignito dal governo italiano dell'onorificenza di Grande Ufficiale nel 1991 e morì nel 1992. Come ha detto Minoli: Oggi è un eroe nazionale e un fiore all’occhiello per tutti. Ma è anche un po’ martire, per via del silenzio in cui ha vissuto. Non è stato subito disponibile, abbiamo dovuto insistere per averlo. È stato anche faticoso farglielo raccontare, non si era mai sentito preso sul serio, aveva interiorizzato la tragedia, era troppo grossa da raccontare l’impresa, un po’ come dire “ho visto i marziani”, e lui li aveva visti davvero.


Quando Minoli gli chiede come vorrebbe che la sua storia sia ricordata, Perlasca risponde: “Vorrei che i giovani si interessassero a questa storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e saper opporsi, eventualmente, a violenze del genere, fisiche e morali”. Io non sono più giovane ma spero che questo libro possa essere letto da mio figlio durante la sua giovinezza.