Natale 2021 l’ho passato per la prima volta in Ungheria. Ero in un piccolo villaggio equidistante da Budapest, l’Austria, il lago Balaton e la Slovacchia e quando nella mia lista ho visto questo libro, ho pensato che fosse quasi un segno del destino.
Il giornalista Enrico Deaglio nel 1989 riesce ad intervistare Giorgio Perlasca che, ormai ottantenne, gli racconta tutta la sua storia, scatenando l’ammirazione del giornalista che decide di scrivere questo libro, dove viene descritta tutta l’intervista e i fatti narrati.
Il libro è stato pubblicato nel 1991 ed io l’ho colpevolmente letto solo oltre trent’anni dopo. In questi decenni l’incredibile storia di Giorgio Perlasca è diventata nota prima grazie a Deaglio e poi a Giovanni Minoli, che accettò la proposta dello stesso Deaglio di realizzare un'inchiesta su Perlasca durante la sua trasmissione televisiva Mixer. Da quel momento la vicenda sarà sempre più popolare in Italia fino a raggiungere l’apice nel 2002 con lo sceneggiato RAI interpretato da Luca Zingaretti.
Tutto questo per dire che è come se mi avessero fatto uno spoilerone e privato della meraviglia per questa storia incredibile. Tolto lo stupore, il libro è essenzialmente composto da l’intervista di Deaglio e dal diario di Perlasca durante quei giorni concitati. In sintesi, penso che se lo avessi letto negli anni ’90 prima di avere una connessione ADSL, il libro mi sarebbe piaciuto di più.
Nonostante sia arrivato fuori tempo massimo, sono contento di averlo letto per diversi motivi.
Ho scoperto di essere uno dei pochi a non conoscere l’assurda storia di Raoul Wallenberg.
Giorgio Perlasca da giovane è stato un “entusiasta aderente al Fascismo” ma non di quelle copie sbiadite e grottesche che vediamo oggi in giro, quello originale spanish edition di Franco. Sapere che dopo quasi un secolo venga giustamente celebrato come un eroe fa riflettere su come le persone possano cambiare e sulle tante sfumature di grigio che possono esistere tra il bianco e il nero.
L’incontro tra Perlasca, Wallenberg ed Eichmann (raccontato nel libro ma anche a partire dal min 14:00 della puntata di Mixer) sembra un episodio di un film neorealista. Non credo ci sia molto da aggiungere se non quello che ha scritto Deaglio: “Giorgio Perlasca e Adolf Eichmann si incontrarono per una manciata di minuti, in una mattina di ordinario macabro trasporto di ebrei ungheresi verso Auschwitz. Fu un match breve, tra un calmo tenente colonnello delle SS contro un emozionato diplomatico spagnolo. Avevano più o meno la stessa età, uno aveva il potere e l’altro non l’aveva. Ma vinse quest’ultimo, che non era diplomatico e neppure spagnolo. Di questa storia che è rimasta così impressa nella memoria di Giorgio Perlasca, quello che a me piace di più è che ci fu una scelta. L’italiano vide due ragazzi gemelli ed ebbe uno scatto pensando che si poteva fare qualcosa per evitare che fossero uccisi. Il tenente colonnello tedesco forse non li vide neanche (me li immagino rannicchiati dentro la macchina) e, con un gesto della mano, li lasciò vivere. Per lui erano due numeri, non due persone. Un fatto statistico.”
Questa storia è stata acciuffata per i capelli. Fu presa da una riga del bollettino dei giusti d’Israele: Deaglio lesse di “un italiano che avrebbe salvato della gente” e lo intervistò nel 1989, la puntata di Mixer andò in onda nel 1990, Perlasca fu insignito dal governo italiano dell'onorificenza di Grande Ufficiale nel 1991 e morì nel 1992. Come ha detto Minoli: Oggi è un eroe nazionale e un fiore all’occhiello per tutti. Ma è anche un po’ martire, per via del silenzio in cui ha vissuto. Non è stato subito disponibile, abbiamo dovuto insistere per averlo. È stato anche faticoso farglielo raccontare, non si era mai sentito preso sul serio, aveva interiorizzato la tragedia, era troppo grossa da raccontare l’impresa, un po’ come dire “ho visto i marziani”, e lui li aveva visti davvero.
Quando Minoli gli chiede come vorrebbe che la sua storia sia ricordata, Perlasca risponde: “Vorrei che i giovani si interessassero a questa storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e saper opporsi, eventualmente, a violenze del genere, fisiche e morali”. Io non sono più giovane ma spero che questo libro possa essere letto da mio figlio durante la sua giovinezza.